Scenario da ‘brivido’ per il mercato immobiliare italiano. L’impatto economico provocato dal coronavirus sul settore immobiliare può provocare perdite quest’anno tra gli 11,8 e i 27,8 miliardi di euro. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio sul mercato immobiliare italiano di Nomisma che traccia lo scenario del mercato prevedendo perdite di fatturato tra i 9,2 e i 22,1 miliardi di euro nel residenziale e tra i 2,6 e i 5,8 miliardi di euro di capitali investiti nel segmento corporate.

Una prospettiva questa che cambia drasticamente il quadro di un settore sulla via della ripresa nel 2019, dopo molti anni di crisi. E che si era avviato di buon cammino anche nel 2020: a dimostrarlo anche i dati sui mutui nel primo bimestre dell’anno che hanno segnato un incremento del 32,4%.

Un mercato, dunque, che nell’ultimo scorcio dello scorso anno aveva dato timidi segnali di ripresa e che ora si scopre particolarmente fragile ed esposto a un possibile tracollo.

Oltre a dover fare i conti con due fattori: da un lato l’impoverimento che scaturirà come effetto indotto dall’inattività involontaria per molti settori, dall’altro una nuova futura propensione delle famiglie che daranno priorità al risparmio per mettersi al riparo dalle difficoltà. A breve termine l’effetto di questa situazione si verificherà sia sulla quantità delle vendite che sui prezzi che per l’Osservatorio bolognese per il mercato della casa potrebbero scendere tra l’1,3% e il 4% nel biennio 2020-2021 per poi risalire lievemente nel 2022.

Fino a qualche settimana fa la componente certa di acquisto immobiliare si era ridotta a 500mila famiglie, ma rimaneva una quota significativa di domanda potenziale, due milioni di famiglie che avrebbero potuto acquistare. Al momento frenate dalla debolezza economica.

“L’indebolimento della domanda era comunque compensato dalla richiesta per investimento, tornata tra il 2018 e il 2019 grazie allo sgonfiamento dei prezzi degli anni prima – ha spiegato Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma e responsabile scientifico dell’Osservatorio -. Dalla spinta dei mercati maggiori, alcuni interessati da lievi aumenti dei prezzi, è scaturito un trend positivo anche per le città intermedie”.

Quali le ipotesi sul futuro?

“Troppe le variabili macroeconomiche per poter immaginare che il settore immobiliare si muova in maniera autonoma dal contesto – dice Luca Dondi -. E questo vale per tutti i settori. Se vogliamo azzardare una proiezione a livello di settore dobbiamo proporre tre scenari: quello pre-virus, al quale ci stavamo preparando, di fatto superato dagli eventi, uno scenario soft e uno invece pessimistico. In questo ultimo caso nel 2022 il tasso di disoccupazione potrebbe arrivare al 13%”.

Nomisma si muove su diverse ipotesi recessive: nel migliore dei casi, per quanto riguarda il segmento corporate, sono di 278 mila transazioni in meno nel prossimo triennio (di cui 48,4 mila nel 2020) e 9,4 miliardi di euro in meno di capitali investiti (di cui 2,6 mld nel 2020); nel peggiore il calo ammonterebbe a ben 587 mila unità (di cui 118,8 mila nel 2020) e 18,3 miliardi di euro di capitali investiti (di cui 5,8 mld nel 2020).

Per il settore residenziale Nomisma prevede nei prossimi anni una perdita tra i 54,5 e i 113 miliardi di euro di fatturato (nel 2020 è compresa tra i 9,2 e i 22,1 miliardi di euro).
A preoccupare ulteriormente è, inoltre, il capitolo che riguarda la ‘locomotiva Milano’ con i grandi investimenti (complessi cielo-terra di valore superiore a 5 milioni di euro), un affare da 12,3 miliardi nel 2019 e che rappresenta, sottolinea Nomisma, “un fattore aggiuntivo di preoccupazione in chiave prospettica”.

“Il quadro che si profila evidenzia un contrasto stridente con i risultati registrati del 2019, che restituivano un generalizzato miglioramento rispetto agli anni passati. Del resto, ancora prima della pandemia, la situazione generale del Paese era già di affanno con una crescita lenta, rivista al ribasso di trimestre in trimestre”, ha detto Luca Dondi, sottolineando che “il settore immobiliare italiano si trova a fronteggiare una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche. Non resta che sperare in un sussulto di avvedutezza e lungimiranza che consenta la definizione di misure su scala continentale davvero non convenzionali per favorire la ripresa”.

Nell’Osservatorio sul mercato immobiliare, inoltre, si sottolinea che il nemico più pericoloso per l’economia è quello che ancora non si è manifestato, ovvero “l’impoverimento che scaturirà come effetto indotto dall’inazione coatta”. Per questo, secondo Nomisma, un ruolo decisivo dovrà essere svolto dalla finanza che “dovrà necessariamente esercitare un sistematico sostegno di una domanda di credito inevitabilmente più fragile”. In questo contesto, “parlare del passato, guardare i dati del 2019 per comprendere le dinamiche del futuro prossimo non ha molto senso. Parlare del futuro si spara un po’ alla cieca, sono troppe le variabili”, ha detto Lucio Poma, capo economista Nomisma, sottolineando di non ritenere che “l’Italia sia in recessione per il coronavirus, lo era già. La pandemia ha colpito un Paese che era già debole”, visto nell’ultimo trimestre il Pil era -0,3%.

La fotografia che ne esce è, dunque, di uno stop che bloccherà il settore per alcuni mesi. Vedremo quindi che la poca domanda spingerà le imprese ad abbassare i prezzi.

“Vedremo i prezzi predatori” per conquistare le poche quote di mercato che rimangono – continua Poma -. Questo cambierà la geografia economica. Quasi sicuramente il nostro Paese andrà in deflazione”.

In questi contesti cosa accade all’immobiliare e, più nello specifico, alle compravendite?
“Non bastano i tassi bassi, ci vuole un sistema che alimenti un mercato che diventa più fragile – commenta Dondi -. Una revisione quindi dei criteri delle banche. Come è necessaria una azione di stimolo e di investimento del governo per sostenere l’economia. Nello scenario ottimistico prevediamo 50mila compravendite di case in meno, nel pessimistico oltre 118mila in meno (rispetto alle 613mila vendite attese per il 2020 rispetto alle 603mila del 2019). Un tributo pesante che l’immobiliare paga alla crisi”.

E la componente prezzo? In realtà potrebbero resistere, la riduzione attesa è contenuta.
Secondo Nomisma, dunque l’immobiliare pagherà un tributo pesantissimo “nonostante la capacità di resistenza al deterioramento dell’economia dimostrata dal comparto prima della devastante ondata virale”.

 

Fonte: monitorimmobiliare.it