L’industria turistica è stata colpita e quasi affondata dalla pandemia. A livello mondiale si è registrata nel 2020 una perdita di 1300 miliardi di dollari, undici volte superiore alla crisi economica del 2009. Un processo di crescita ininterrotto da mezzo secolo si è bloccato, ma riprenderà rapidamente. Perché c’è desiderio di muoversi da parte delle famiglie e voglia di innovare da parte degli operatori.
Non c’è da stupirsi se il mercato immobiliare alberghiero nel 2020 ha registrato, rispetto agli altri comparti, la contrazione più significativa, con un fatturato diminuito di circa il 70% rispetto al 2019. La contrazione appare più marcata perché si confronta con dodici mesi eccezionali, nei quali sono state raggiunte le migliori performance di investimento del comparto. Gli investimenti hanno raggiunto il miliardo di euro, con un calo netto rispetto al 2019, quando erano stati realizzati 3,4 miliardi di euro. Il risultato è riconducibile prevalentemente al clima di incertezza provocato dalla pandemia e aumentato dalla concentrazione di investimenti in portafogli nel 2019.
Nonostante le difficoltà, permane fra gli operatori la fiducia nel settore, in particolare per i trophy asset e le operazioni opportunistiche, soprattutto se localizzate in prime location italiane come Venezia, Roma, Firenze e Milano e in secondary location se si tratta di località di vacanza.
A livello europeo nel 2020 il mercato ha toccato il minimo del secolo con dodici miliardi di euro transati (meno 68% sull’anno precedente). Negli ultimi mesi, è in corso una ripresa che dovrebbe portare gli scambi a diciannove miliardi di euro a fine anno. Si prevede che solo nel 2023 si potrà superare l’anno record 2019 con oltre quaranta miliari di euro di scambi.
La crisi pandemica ha colpito anche il mercato della locazione breve, con un calo dell’80% nel 2020. Anche in questo ambito, è in corso una ripresa che dovrebbe portare a circa 300mila contratti nel corso del 2021.