Il crowdfunding generico è la raccolta diffusa di capitali, tra i piccoli risparmiatori, per sostenere imprese di ogni tipo, in prevalenza start up. Da Crowdestate a Mamacrowd, sono decine ormai le piattaforme on line in cui “scommettere” su progetti imprenditoriali, per poi guadagnare un rendimento sulle quote acquisite, una volta avviata l’impresa.

La raccolta, in versione immobiliare, avviene seguendo un concetto simile. Quando uno sviluppatore avvia un progetto (nuova costruzione o riqualificazione, che può essere residenziale ma anche commerciale, ricettiva o di altro genere) di solito si finanzia tramite liquidità propria e mutuo bancario. Da qualche anno, gli sviluppatori più al passo con i tempi si rivolgono anche al canale crowdfunding, appunto come alternativa al credito bancario, per coprire una quota dei costi, variabile fra il 10% e il 30%. Dunque, chiedono denaro ai piccoli risparmiatori.

Come funziona il crowdfunding immobiliare, anche per piccole cifre

Chi è intenzionato a partecipare deve registrarsi a una delle tante piattaforme esistenti e scegliere tra i progetti proposti quello che ritiene più interessante. Uno sviluppo residenziale nuovo a Milano, una riqualificazione in Toscana, un vecchio hotel in Puglia trasformato in mini appartamenti. Le opzioni sono le più svariate e comprendono anche proposte all’estero. Le piattaforme sono tenute a fornire tutti i dettagli, compresi documenti catastali e ogni altro tipo di informazione che renda identificabile il soggetto proponente e sicura la partecipazione.

Si possono investire anche poche centinaia di euro. In sintesi, si acquistano quote di un progetto e, alla scadenza (cioè quando lo sviluppatore ha venduto gli appartamenti) si riceve indietro il denaro, maggiorato di un rendimento. Un rendimento che viene sempre stimato all’inizio, e che spesso è di tutto rispetto (anche intorno al 10%), ma che non è garantito, come nei titoli di Stato.

Le piattaforme di dividono in due tipi, ciò che le distingue è il meccanismo di remunerazione. Da un lato ci sono gli operatori “equity”, significa che, quando si acquistano le quote, si diventa effettivamente titolari di un piccolo pezzetto di quote societarie del veicolo che propone l’investimento. Dall’altro lato ci sono gli operatori “lending”, come se lo sviluppatore chiedesse un prestito ai tanti aderenti, promettendo in cambio un rendimento appetibile. È più un rapporto di tipo finanziario, non societario.

I numeri e gli operatori del crowdfunding

In Italia, secondo l’ultimo rapporto Real estate crowdfunding report 2020, curato dal portale Walliance e dal Politecnico di Milano, finora sono stati raccolti 157,87 milioni di euro in questa modalità, da quando il sistema ha iniziato a prendere piede nel 2017. Ma sembra proprio che la pandemia abbia messo il turbo al settore, probabilmente per la ricerca di canali alternativi su cui investire la liquidità, a caccia di ritorni interessanti. Su quel totale di 157 milioni, infatti, 65 milioni sono stati investiti nel 2020 e oltre 40 soltanto nei primi sei mesi del 2021.

Finora sono state finanziate 469 campagne, suddivise in 90,43 milioni raccolti in modalità lending e 67,44 in equity. Tra le piattaforme principali bisogna segnalare Walliance (43,5 milioni raccolti), Rendimento Etico (30,48 milioni), Concrete Investing (21,39 milioni) e Trusters (16,7 milioni).

La facilità di utilizzo delle piattaforme però non deve ingannare, perché si tratta a tutti gli effetti di investimenti che espongono a un rischio, come accade con gli strumenti finanziari. Finora la regolamentazione più rigida riguardava gli operatori equity, i cui gestori sono obbligati a iscriversi a un apposito registro tenuto dalla Consob che vigila sul rispetto della normativa e su tanti aspetti legati ai progetti, come per esempio l’assenza di conflitto di interessi tra piattaforma e proponenti. Le piattaforme lending, dal punto di vista legale, figurano invece come “agenti” di istituti di pagamento esteri e devono sottostare più genericamente al Tub (Testo unico bancario) e a delle linea guida un po’ datate emessa da Banca d’Italia (584/2016).

Lo scorso 10 novembre è entrato in vigore un Regolamento europeo detto ECSP (Regolamento UE n. 2020/1503, Regulation on European Crowdfunding Service Providers for Business) che in sostanza va ad armonizzare ed equiparare i paletti cui devono sottostare entrambi i tipi di piattaforme. La normativa vive una fase transitoria, in base alla quale le piattaforme di crowdfunding, già operative alla data di entrata in vigore, hanno un anno di tempo per adeguarsi alla nuova normativa potendo continuare a operare secondo le regole nazionali fino al 10 novembre 2022.